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SERVITE DOMINO IN LAETITIA

  • F.Parrello
  • 18 mag 2015
  • Tempo di lettura: 3 min

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“Humilitas”, questo il motto dell’allora vescovo di Vittorio Veneto Albino Luciani, poi Giovanni Paolo I, 263° successore di Pietro. Ed è proprio l’umiltà che segna la vita di un uomo, di un testimone, di un pontefice precursore dei tempi, il cui centro di tutto è stato Cristo e la Chiesa. Albino Luciani nasce il 17/10/1912 a Forno di Canale vicino Belluno, nasce da una famiglia povera e questa povertà Albino la sperimenterà patendo la fame, da pontefice dirà: « È stato ricordato dai giornali, anche troppo forse, che la mia famiglia era povera. Posso confermarvi che durante l'anno dell'invasione ho patito veramente la fame, e anche dopo; almeno sarò capace di capire i problemi di chi ha fame! » . Nell'ottobre del 1923 il giovane Albino entra nel seminario interdiocesano minore di Feltre e nel 1928, nel seminario interdiocesano maggiore di Belluno; viene ordinato diacono il 2 febbraio 1935 e sacerdote il 7 luglio dello stesso anno nella chiesa rettoriale di San Pietro apostolo a Belluno. Viene nominato vicario cooperatore di Canale d'Agordo, poco dopo sarà trasferito ad Agordo, dove insegnerà religione all'istituto minerario, a Belluno sarà insegnante e vice-rettore presso il seminario gregoriano. Il 27 febbraio 1947 si laurea in Sacra Teologia alla Pontificia Università Gregoriana di Roma e viene nominato il novembre di quello stesso anno da monsignor Girolamo Bortignon, procancelliere vescovile della diocesi di Belluno e da lì a poco cameriere segreto soprannumerario e segretario del sinodo diocesano, provicario generale della diocesi di Belluno e direttore dell'ufficio catechistico diocesano. Il 27 dicembre del 1978 riceve la consacrazione episcopale da Papa Giovanni XXIII. Negli anni dell’episcopato dimostra una grande capacità di parlare alla gente, anche alla più umile, i suoi modi semplici e comprensibili attireranno non poche critiche, ma egli risponderà che il parlare in modo semplice rappresentava una scelta, poter raggiungere tutti. Ascolta i problemi degli operai, è vicino alla Chiesa Africana e ai problemi del terzo mondo. Spesso nasconde le insegne episcopali, è un uomo umile con lo sguardo puntato verso Cristo ma possiede fermezza e spirito di fortezza. Dono che dimostrerà quando sarà chiamato a risolvere una questione delicata nella parrocchia di Montaner. I parrocchiani di Montaner frazione di Sarmed, alla morte del vecchio parroco eleggono a votazione popolare un cappellano come suo sostituto. Nessuna marcia indietro della popolazione alla nomina del nuovo e valido parroco da Luciani che spiega ai fedeli l’invalidità in termini canonici di quell’atto. Gli abitanti murano porte e finestre della chiesa per impedire al cappellano eletto dal popolo di andare via. Montaner si divide, tra favorevoli e contrari al vescovo, iniziano le violenze tra le fazioni, si parla di armi da fuoco e in paese i carabinieri presidiano le strade. Il vescovo Luciani interviene: il 12 settembre 1967 si reca in paese e il suo gesto è perentorio, le ostie consacrate vengono portate via e interdetto contro la parrocchia. Umiltà, non tiepidezza, questo il carisma e il dono di Albino Luciani, patriarca di Venezia, Cardinale di Santa Romana Chiesa, Papa Giovanni Paolo I. Il servizio segna la vita di quest’uomo protagonista di un’Italia segnata da momenti bui per la storia del nostro paese, sono gli anni del terrorismo, del rapimento Moro, delle dimissioni del Presidente della Repubblica. Ed è sul soglio di Pietro che Albino Luciani è chiamato a servire; dirà: “Mi chiamerò Giovanni Paolo . Io non ho né la sapientia cordis di Papa Giovanni, né la preparazione e la cultura di Papa Paolo, però sono al loro posto, devo cercare di servire la Chiesa. Spero che mi aiuterete con le vostre preghiere.” Queste le parole di un papa vicino alla gente comune, un uomo che sa di essere difettoso, un uomo che prega Dio di diventare come il solo il Padre desidera. Tante le innovazioni di Papa Luciani, tanti gli avvicinamenti ai fedeli, è spinto dalla totale centralità di Cristo e della Chiesa, abolisce il plurale majestatis, abolisce trono, incoronazione, tiara e sedia gestatoria, allontana da sé il culto della persona, è il Cristo l’unico centro. “Non si tratta di dominare ma di servire, non si sale ma si discende, non si è primi ma gli ultimi, non si hanno vantaggi personali o tornaconti ma disturbi, seccature e se occorre anche la morte.” Servite Domino in Laetitia! Questa l’eredità che ci lascia Giovanni Paolo I, servire il Signore nella letizia, servire gli altri nella gioia, nell’umiltà di non sottolineare noi stessi ma il Padre. Farsi servi, farsi piccoli, resi grandi nell’amore di Dio che ci ama oltre i nostri limiti e i nostri idoli, figli tutti di un unico Padre e fratelli nella fede e nella Chiesa. «Noi siamo oggetto, da parte di Dio, di un amore intramontabile: Dio è papà, più ancora è madre». Giovanni Polo I, servo di Dio.


 
 
 

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