top of page
Cerca

La Sindone di Torino: un mistero che parla all’uomo di oggi

  • N.Santopuoli
  • 18 mag 2015
  • Tempo di lettura: 8 min

Sindone Nicola Santopuoli.jpg

Un telo di lino spigato di colore giallo scuro, lungo 437 cm e largo 111 cm, contenente nella fascia centrale, accostate per il capo, le immagini anteriore e posteriore del cadavere martoriato di un uomo alto, dal fisico atletico, barbuto e con lunghi capelli.

Questo è l’affascinante e misterioso oggetto che in questi giorni è offerto alla contemplazione di migliaia di pellegrini devoti, nel Duomo di Torino, dimora del prezioso lenzuolo che, forse, ha avvolto il corpo di Cristo nel sepolcro.

Le prime notizie certe circa l’esistenza della Sindone risalgono al 1353, quando il cavaliere Goffredo di Charny dona alla chiesa da lui costruita nella cittadina di Lirey, un lenzuolo che dichiara essere il telo che avvolse il corpo del Salvatore. Ma esistono molti indizi che inducono ragionevolmente a identificare, anche se non con certezza, il sacro lino di Lirey con altri manufatti più antichi di cui si ha notizia. Il professor Pier Luigi Baima Bollone, docente di medicina legale e sindonologo di fama mondiale, ha infatti ricostruito il possibile percorso storico della Sindone, dalla comparsa del Sacro Lino a Costantinopoli, con la possibile identificazione con il cosiddetto Mandylion, alla la probabile appartenenza ai templari e alle vicende che lo hanno portato a Torino. Assai interessanti poi sono anche le ipotesi da lui studiate, su tracce della Sindone consistenti in volti del Cristo sindonico impressi su monete o dipinti in affreschi del I millennio.

Nel 1453 Margherita, ultima erede degli Charny, cede la proprietà del prezioso telo al duca Ludovico di Savoia e così la futura famiglia reale italiana diviene custode dell’ormai veneratissima reliquia. I Savoia, dopo vari spostamenti, stabiliscono la sede della Sindone a Chambéry,nella Francia meridionale, dove rischia di essere distrutta da un incendio del 1532; ne uscirà fortunatamente soltanto danneggiata. Riparata dalle Clarisse di Chambery, la Sindone continua la sua storia e giunge definitivamente a Torino nel 1578 su decisione del duca Emanuele Filiberto. Dal 1983 la Sindone è di proprietà del Papa, donata in testamento da Umberto II di Savoia, ultimo re d’Italia.

Ma torniamo alla descrizione del telo. Il tessuto è un lino di colore gialliastro, dalla consistenza robusta, ma flessibile e morbido al tatto. Il bianco originario infatti tende ad ingiallire nel tempo e quindi l’immagine corporea è sempre meno contrastata rispetto allo sfondo che, invecchiando, tende ad assumere il medesimo colore. La manifattura della Sindone è abbastanza rudimentale e il lino utilizzato per realizzarla fu filato a mano. Ma la lavorazione cosiddetta “a spina di pesce” rende la tessitura più pregiata del normale, tipica delle persone facoltose.

La figura impressa sul lenzuolo è di una persona di sesso maschile, di statura approssimativa di 170 cm, le cui masse muscolari del petto, del dorso, dei glutei, delle cosce e dei polpacci sono ben pronunciate. Una serie di valutazioni sui tratti somatici del volto inducono ad affermare che il volto della Sindone corrisponda alle caratteristiche di un uomo sui quarant’anni.

Questo soggetto presenta numerose lesioni su tutto il corpo. In corrispondenza del cuoio capelluto si possono contare almeno tredici ferite da punta dalle quali si staccano numerose colature ematiche. Il naso è deformato e lo zigomo della regione destra evidenzia le tracce di una rilevante contusione; anche il sopracciglio sinistro presenta una tumefazione causata da un oggetto contundente. Su tutta la superficie del corpo sono distribuite ferite causate da uno strumento lesivo fatto da due palline unite da una barretta all’estremità di una cordicella. Il prof. Giulio Fanti, dell’Università di Padova, ha contato almeno 372 ferite da flagello, delle quali 159 in corrispondenza dell’immagine frontale e 213 su quella dorsale.

Vi sono inoltre ferite corrispondenti alla pratica romana della crocifissione. È presente infatti un foro sul polso sinistro, mentre quello destro è nascosto dal sinistro ma si intravedono i rivoli di sangue che ne fuoriescono. Anche i piedi mostrano uno spazio identificabile con una ferita da punta determinata dall’infissione di un chiodo, dalla quale partono delle colature che raggiungono il calcagno.

Sul lato destro della cassa toracica è presente una grande ferita ovale, le cui dimensioni sono corrispondenti a quelle delle lance romane, da cui sgorga un abbondante fiotto di una sostanza di colore rosso-bruno.

È stata inoltre verificata, in corrispondenza di entrambe le orbite della Sindone, l’impronta di due monete coloniali romane. Esse portano la scritta TIBEPIOU KAICAPOS «di Tiberio Cesare» e quella impressa sull’occhio sinistro presenta anche l’indicazione della data LIS, che significa L = anno, I = dieci, S = sei, e cioè 16° di Tiberio, ossia 29/30 d. C. Il dato interessante è che queste monetine, emesse da Ponzio Pilato, sono state identificate solo agli inizi dell’800, molti secoli dopo le prime notizie storiche certe sulla Sindone.

A questo punto ci chiediamo: l’Uomo della Sindone potrebbe essere realmente Gesù di Nazareth?

Sulla base di quanto abbiamo detto finora appare lampante la corrispondenza tra quanto raccontato dai vangeli circa la Passione e morte di Cristo e ciò che appare impresso sul telo sindonico. La particolarità è data dal fatto che le notizie riportate dai vangeli evidenziano degli elementi tipici della passione di Gesù che non erano prescritti per la condanna a morte per crocifissione, almeno per le notizie ad oggi in nostro possesso. La coronazione di spine ad esempio appare essere un dato singolare così come la flagellazione, preludio alla crocifissione di Cristi, mentre essa costituiva una pena a se stante (cfr. Gv 19, 1-2; 12-16).

Ma questo può bastare per dire che l’immagine impressa sulla Sindone è proprio quella di Gesù? Non potrebbe trattarsi di un falso medievale? Si tratta di un dipinto?

Le particolarità riscontrate sul telo mostrano delle caratteristiche talmente complesse che rendono difficile l’ipotesi che si tratti di un artefatto medievale; o meglio, se così fosse, ci troveremmo di fronte ad un enigma straordinario, ancora più oscuro di quanto non risulti essere la Sindone stessa, poiché bisognerebbe ammettere che qualcuno in quel periodo avesse conoscenze fisiologiche, anatomiche, tecniche, chimiche tali da realizzare un prodotto che oggi stesso non si è ancora in grado di riprodurre.

Ma procediamo con ordine.

Il 1898 segna un momento importante nella storia della Sindone. L’avvocato torinese Secondo Pia, in occasione della Esposizione di Arte Sacra, si propone per fotografare il Sacro lino. Il risultato è sorprendente, le immagine sindoniche infatti si rivelano un negativo fotografico. Questo significa che sul negativo fotografico in bianco e nero le immagini risultano positive, mentre sull’originale e sui positivi fotografici hanno carattere negativo. Questo però non vale per le macchie, che da sempre la tradizione religiosa e popolare ritiene sangue. Da quel momento la Sindone da reliquia venerata diventa oggetto studio. Le foto scattate nel 1931, durante l’ostensione celebrativa delle nozze del principe ereditario Umberto di Savoia con la principessa belga Maria Josè, sono una conferma di quanto evidenziato dalle fotografie del Pia.

Nel 1977 alcuni studiosi dello STURP (Shroud of Turin Research Project) hanno inoltre dimostrato che le immagini della Sindone sono tridimensionali. Questo avviene perché l’intensità dell’Uomo della sindone è in funzione della distanza tra il tessuto e il cadavere; quindi l’intensità diminuisce man mano che la distanza aumenta, ad esempio in corrispondenza degli occhi e dei solchi tra naso e guance.

L’obiezione più comune nel passato era che la Sindone fosse in realtà un dipinto; ma gli studi effettuati sul lino hanno dimostrato inequivocabilmente che non c’è traccia di pigmenti colorati e che inoltre la colorazione interessa soltanto le fibrille superficiali dei fili del tessuto sindonico e non penetra in profondità come accade in un dipinto in cui il colore tende a penetrare all’interno dei fili.

Non si tratta quindi di un dipinto e non sono dipinte neanche le macchie di colore rosso-bruno nelle aree che corrispondono ad altrettante ferite. Gli scienziati dello STURP e parallelamente il professor Baima Bollone hanno definitivamente chiarito che la sostanza rossa è sangue e che esso si è depositato sul telo prima che si imprimesse l’immagine sindonica; infatti sotto le macchie di sangue non c’è immagine.

Un campo di studi molto interessante riguarda l’analisi delle polveri sindoniche che ha permesso di verificare la presenza di pollini e di granuli tipici della flora che vive in zone coerenti con il cammino storico della Sindone. Il prof. Frei, famoso palino logo svizzero, ha condotto negli anni settanta una serie si studi che hanno evidenziato la sul telo di una varietà molto ampia di polveri ma in particolare 25 tipologie di pollini che sono di piante che non crescono in Italia e in Francia, mentre sono diffuse in Palestina. Non solo, altri studiosi hanno verificato che in corrispondenza del naso, delle ginocchia e dei piedi dell’Uomo della Sindone vi sono tracce di terriccio la cui composizione organica è tipica del territorio di Gerusalemme.

Una domanda fondamentale riguarda la datazione del telo. È possibile che esso risalga al I secolo della nostra era?

Il 13 ottobre 1988 il cardinale Ballestrero, arcivescovo di Torino, in una conferenza annuncia i risultati a cui erano giunti i laboratori dell’Università dell’Arizona, dell’Università di Oxford e del Politecnico di Zurigo. Gli studiosi di tali prestigiosi atenei analizzando alcuni frammenti prelevati dal lenzuolo ne avevano calcolato l’antichità attraverso la radio-datazione, detta anche prova del carbonio 14 (più un materiale è antico minore sarà la presenza degli isotopi C14) erano giunti alla conclusione che la Sindone fosse un prodotto medievale confezionato tra il 1260 e il 1390.

Quasi subito furono mosse delle obiezioni a tali risultati ed oggi, a più di un quarto di secolo di distanza, essi sono considerati inattendibili da molti studiosi che hanno criticato le modalità in cui l’esperimento è stato realizzato e soprattutto il fatto che non sia stata presa in considerazione la possibilità concreta di una contaminazione del tessuto lungo il corso dei secoli.

Restano numerosi interrogativi aperti. Primo fra tutti come si sia formata l’immagine dell’Uomo della Sindone. A livello microscopico l’immagine è dovuta ad un fenomeno di ossidazione e di disidratazione delle fibrille più superficiali di fili sporgenti. Nonostante tutte le ricerche scientifiche effettuate non si è riusciti ancora ad individuare in modo definitivo la causa dell’ingiallimento delle fibrille e quindi della formazione dell’immagine.

La Sindone è veramente il lenzuolo che ha avvolto il corpo di Gesù di Nazareth? Non lo si può affermare con certezza ma, certo, coloro che negano l’autenticità del Sacro Telo e lo ritengono un manufatto medievale, si caricano dell’onere di risolvere una serie di problemi rilevanti dalle soluzioni non scontate.

Di certo la Sindone è un’icona che parla all’uomo di tutti i tempi.

“Dal buio della morte del Figlio di Dio, è spuntata la luce di una speranza nuova: la luce della Risurrezione Ed ecco, mi sembra che guardando questo sacro Telo con gli occhi della fede si percepisca qualcosa di questa luce. In effetti, la Sindone è stata immersa in quel buio profondo, ma è al tempo stesso luminosa; e io penso che se migliaia e migliaia di persone vengono a venerarla – senza contare quanti la contemplano mediante le immagini – è perché in essa non vedono solo il buio, ma anche la luce; non tanto la sconfitta della vita e dell’amore, ma piuttosto la vittoria, la vittoria della vita sulla morte, dell’amore sull’odio; vedono sì la morte di Gesù, ma intravedono la sua Risurrezione; in seno alla morte pulsa ora la vita, in quanto vi inabita l’amore. Questo è il potere della Sindone: dal volto di questo “Uomo dei dolori”, che porta su di sé la passione dell’uomo di ogni tempo e di ogni luogo, anche le nostre passioni, le nostre sofferenze, le nostre difficoltà, i nostri peccati - “Passio Christi. Passio hominis” -, da questo volto promana una solenne maestà, una signoria paradossale.”( Benedetto XVI)


 
 
 

Post recenti

Mostra tutti
Togli la maschera e vieni a tavola!

L’interesse ossessionante per il cibo caratterizza la nostra epoca e si snoda mediante due atteggiamenti sintomatici che loquacemente...

 
 
 

Comments


  • b-facebook
  • Twitter Round

Le immagini utilizzate sono prese liberamente dalla rete . NON sono di proprietà del sito.

bottom of page