Sesso sicuro: ne siamo proprio sicuri?
- M.Buonaiuto
- 5 apr 2015
- Tempo di lettura: 2 min
Nel 2009 Benedetto XVI si esprimeva contro il preservativo, affermando che questo non è la soluzione ai mali dell’Africa; l’opinione pubblica, scagliatasi contro il Sommo Pontefice, perpetuava la congettura che vede la Chiesa tout court in opposizione al progresso scientifico. Di recente l’University of Washington ha pubblicato su “Lancet Infectious Diseases” uno studio riguardo al “Depo Provera” : con il suo uso si raddoppierebbe il rischio di contrarre l’Aids sia da parte di donne sane, che hanno rapporti con uomini infetti, sia da parte di uomini sani, che hanno rapporti con donne infette. Altra notizia paradossale: la BBC, creando sgomento in seno alla comunità scientifica, riporta come circa 110 milioni (o forse 200) di preservativi difettosi, distribuiti gratuitamente per la campagna “Sesso sicuro”, siano stati ritirati dal Ghana, perché “pieni di buchi e facilmente rompibili”. Qual è la soluzione ideale per combattere l’HIV? Ritornando al discorso di Benedetto XVI, la sieropositività si combatte principalmente con la fedeltà coniugale, la castità e con l’astenersi dal debutto sessuale precoce. Edward Green, direttore dell’AIDS Prevention Research Project della Harvard School of Public Healt and Center for Population and Development Studies, redigendo un rapporto per la Banca Mondiale, spiega che la sieropositività in Uganda è scesa dal 15 al 5 % grazie al metodo ABC (Abstinence, Be faithful, Condom, quest ultimo solo per chi non riesce a modificare il proprio comportamento sessuale). Il profilattico, da elemento essenziale per un rapporto sicuro, diviene meramente sprone di un esercizio prematuro della sessualità: i tassi di Hiv, d'altronde, continuano ad aumentare. Quest ultima affermazione si basa su quanto detto da Stoneburner e Low-Beer, due epidemiologi del Programma sudafricano contro l’Aids. “Sesso sicuro” non è quello protetto dal preservativo: il sesso sicuro è quello lontano dalla promiscuità. Sussistendo, pertanto, un’incapacità morbosa a concepire l’AIDS come patologia comportamentale, a mo’ di chiosa, si riportano altri dati a conferma di quanto qui succintamente esposto. Nel 2011, sia il prof.re Matthew Hanley che il docente e ricercatore presso la Harvard University Daniel Halperin, attraverso i lori rispettivi studi – il primo ha quantificato il numero di infezioni probabili in caso di politica di prevenzione sul preservativo e il secondo ha esaminato il caso dello Zimbabwe – hanno sottolineato come sia urgente vincere il virus educando ad una sessualità responsabile. Con tale dato, che evidentemente ci fa approdare alla questione morale, diamo solo l’abbozzo di conclusione ad un tema non risolvibile attraverso il presente contributo.
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